AL SEPOLCRO DI SANT'AMBROGIO E DEI
MARTIRI NEI GIORNI DEL CONTAGIO
MARTIRI NEI GIORNI DEL CONTAGIO
28 Febbraio 2020,
Venerdì dopo le Ceneri
I
l
silenzio nella cripta è totale e inaspettato. Non c'è nessuno nel
semibuio del cunicolo sotto l'altare di Volvinio, ora che i primi
morsi del virus cinese hanno indotto a bandire la celebrazione
pubblica del Sacrificio e disperso il flusso scomposto dei turisti
del macabro (svestite dagli occhi atei dello splendore della santità,
cosa rimane delle venerabili reliquie se non nudi scheletri?), solitamente
in fila per catturare nella memoria degli apparecchi digitali crani e ossa dei santi Ambrogio, Gervasio e Protasio.
Giacciono insieme i tre, per volontà del santo vescovo di Milano che divinamene ispirato rinvenne i resti di Gervaso e Protaso, martirizzati secoli prima e quasi dimenticati, traslandoli solennemente sotto l'altare della basilica ambrosiana. Collocazione sublime che da allora rende visibile anche ad uno sguardo distratto il legame profondo tra il sacrificio eucaristico e il sacrificio del martirio. Sopra l'altare si ripete ad ogni Messa il sacrificio perfetto di Cristo, sotto di esso stanno i martiri, che dopo aver partecipato in vita all'Eucaristia, l'hanno compiuta a imitazione fedele di Cristo nel loro stesso corpo, seguendo così il Signore sul Calvario. «Riconobbero, dunque, i martiri di che si nutrivano e che bevevano, al fine di restituire tali cose», dirà in un suo sermone Agostino, discepolo fedele di Ambrogio che a Milano, meno di un anno dopo l'inventio dei martiri milanesi, dalle sue mani ricevette il Battesimo.
La
storia di Ambrogio, Gervaso e Protaso è anche la storia di Milano
nel quarto secolo: la storia dei suoi santi, dei suoi riti e delle
lotte feroci tra cattolici e ariani. Proprio il ritrovamento dei
corpi dei due martiri e la translatio accompagnata da miracoli
e confessioni demoniache
permisero ad Ambrogio di vincere l'arianesimo e consegnare il cuore
di Milano alla Chiesa. Magnifica,
dunque, la sorte che è stata riservata a Gervaso e Protaso:
martiri due volte, perché al Signore è piaciuto servirsi della testimonianza dei loro
corpi sia da vivi, con la fedeltà a Cristo fino al
sangue, che da morti, per mostrare la verità della Sua Chiesa sulle
eresie di ogni tempo.
Nell'epistolario
di Ambrogio c'è una lettera indirizzata alla sorella Marcellina che
ben fa comprendere quanto grande fosse la grazia che il vescovo
attribuiva al ritrovamento dei due martiri e alla loro santa
intercessione, silenziosa e nascosta prima, dirompente e visibile a chiunque dopo che i santi resti furono riportati alla
luce. «Questi nostri occhi erano chiusi finché i corpi dei
santi erano nascosti sotto terra; il Signore ha aperto i nostri
occhi, vediamo i protettori che spesso ci hanno difeso (…). Ti
ringrazio, Signore Gesù, perché hai suscitato per noi gli spiriti
così potenti di questi santi martiri, in un momento in cui la tua
Chiesa ha il bisogno di più efficace protezione. Sappiano tutti
quali difensori io cerco, capaci di proteggere ma incapaci di
offendere. (…) Tali difensori io desidero, tali soldati ho con me;
non soldati del mondo, ma soldati di Cristo.
Per tali difensori non temo alcuna ostilità, perché la loro
protezione è quanto più potente tanto più sicura. Voglio che essi
difendano anche quelli che me li invidiano. Vengano, dunque, e vedano
le mie guardie del corpo: da tali armi non rifiuto di essere
circondato.» (Ep. 77)
“Tali
difensori io desidero. Tali soldati ho con me”. Nella silenzio della cripta, davanti al cancello
di ferro che mi separa dal suo sepolcro, ripeto sottovoce le parole
di Ambrogio, le faccio mie mentre un incendio di pensieri prende,
parola dopo parola, la forma ordinata di una preghiera. Ai tre santi
chiedo la protezione sui miei affetti, sulla Chiesa e sul mondo in
questo tempo di contagi –
quelli dell'anima sempre più pericolosi di quelli del corpo – , e
digiuno eucaristico (“Verranno giorni quando lo sposo sarà loro
tolto, allora digiuneranno” Mt
9,15). Per la loro
intercessione chiedo al Signore sostegno in ciò che solo è mio, la
debolezza. A tali difensori affido quello che ho di più caro, perché
se anche il cuore di Milano – e quello del mondo e il mio – è
conteso da potenze più insidiose di quelle ariane e assediato da
contagi più temibili di quelli del corpo, so che la lotta di
Ambrogio e la passione dei martiri non appartengono solo alla storia,
i loro meriti stanno di fronte a Dio in eterno. Così la preghiera per la
Chiesa e per il mondo, a poco a poco e quasi senza che me ne accorga,
finisce per diventare preghiera per me. Perché riconoscere la
propria miseria e combattere il peccato in se stessi è anche curare
la Chiesa da una ferita, è già sanare il mondo da un morbo.
Mo ero sempre chiesto cosa significasse quel "Tales ambio defensores" che appare sul sito della Chiesa di Milano. Grazie per quanto avete scritto qui. Prego perché questi tre "difensori" continuino ad operare per proteggere la Chiesa in generale e la Chiesa di Milano in particolare. Sergio Morelli
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