FAC UT ARDEAT

QUELLA DIVINITÀ PAGANA SUL MURO DELLA CHIESA DI SAN QUIRICOMENTRE ATTORNO SI FA DI NUOVO NOTTE



1 Novembre 2021, Ognissanti

LA
 cristianità è un fuoco e tutto attorno tenebre. Penso a questo mentre sono seduto nei banchi della piccola chiesa di San Quirico, austera pieve romanica adagiata su un declivio che sormonta l'ingresso sud di Domodossola. La valle alpina che circonda la città fu nei primi secoli dell'era cristiana un mondo selvaggio, abitato da un popolo disperso in piccoli insediamenti tra i ghiacciai, le foreste e il fondovalle flagellato dalle frequenti alluvioni. Un territorio ostile e appartato tra le montagne in cui i discendenti della popolazione celtica dei Leponti lottavano per sopravvivere, braccati dalla forza implacabile della natura, fiaccati dalla durezza degli inverni, prigionieri della bestialità in cui erano costretti dal confronto continuo con un ambiente inospitale.

È nell'oscurità fitta di questo mondo arcaico che nel IV secolo si inoltrò San Giulio di Orta per portarvi il fuoco fecondo e inesorabile dell'annuncio cristiano. La predicazione di Cristo crocefisso –  le sue piaghe, il suo sangue, i dolori della sua agonia –  mostrò a questi uomini quanto valesse ciascuno di essi davanti a Dio. I miracoli che il missionario compì domando bestie feroci con un segno di croce gli affrancò dal terrore della natura selvaggia. Le chiese che costruì instancabile furono i bracieri che alimentarono le vampe nei cuori di questi montanari, ormai passati per le acque del battesimo.

La tradizione racconta che questa antica pieve fu una delle molte chiese edificate da San Giulio nel tempo della sua missione. C'è un dettaglio nascosto tra le pietre della sua struttura che racconta in modo sorprendente il passaggio tra due mondi. Un bassorilievo su uno dei blocchi del muro esterno della chiesa raffigura il volto di una divinità del pantheon celtico: Cernunno, figura ctonia, archetipo primordiale delle potenze implacabili della natura selvaggia e signore del mondo dei morti. Questo posto fu sacro già prima dell'arrivo del cristianesimo. Qui sorgeva un antico tempio pagano, le cui pietre vennero riutilizzate per costruire la chiesa. Nei crocevia della storia nulla si perde e i resti del paganesimo divennero infine sostegno di una pieve, retaggio celtico in tempo cristiano, Antico Testamento dei barbari.

È difficile immaginare qualcosa di più innocuo di un bimbo ed una sconfitta più grande agli occhi del mondo della morte. Le pietre del tempio di una divinità temibile, epifania delle forze oscure del mondo e dell'oltremondo, che diventano le pietre della chiesa dedicata al culto di un bimbo, di un bimbo santo, di un bimbo martire – San Quirico, ucciso dai pagani in odio alla fede insieme alla madre Santa Giulitta –, ci restituiscono la percezione di quanto profondo sia stato il ribaltamento di prospettiva per una umanità abituata a prostrarsi al culto di divinità infere. Quel mondo primitivo che attendeva l'annuncio, che gemeva nell'attesa dell'annuncio, quando si scoprì figlio di un Padre misericordioso e giusto mutò completamente il modo con cui guardava al Cielo e abitava la terra. Vide gli idoli per quello che erano, abbagli senza vita, i loro templi cumuli di pietra disabitati, e in un bambino che si fa tutto di Cristo fino a morire per lui, vittoria sul mondo.

Sono passate le ore ed il sole è calato, nascondendosi alle spalle del colle di Mattarella. Sono passati i secoli e tutt'attorno San Quirico si è fatta di nuovo notte. Più buia e più fredda di quelle passate, perché questa notte erige i suoi templi al culto del nulla, perché quasi nessuno sembra esserne risparmiato, perché non è più la notte che non conosce ancora Cristo, è quella che dopo averlo conosciuto lo rinnega. Gli uomini nelle tenebre sono di nuovo soli, schiacciati dal destino, persi nel mondo. Quelli raccolti attorno al fuoco si accontentano spesso di una fede cauta, di un cuore ignifugo, di parole senza corpo. Di un cristianesimo di compromessi che riesce a pensare ad un bimbo fedele a Cristo fino a morire della sua fedeltà bambina, della sua fedeltà assoluta, senza commuoversi. Torni San Giulio a percorrere le praterie pagane delle nostre anime, a fare Chiese con le pietre degli altari innalzati agli idoli nei nostri cuori, a ravvivare il fuoco. 

M.R. 


*** 


Fac ut ardeat cor meum
in amando Christum Deum,
ut sibi complaceam. 

Fa’ che il mio cuore bruci
nell'amare Cristo Dio,
per fare cosa a lui gradita.
(da Stabat Mater, G.B. Pergolesi)



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